La cerimonia del tè, Cha no yo, è un rito sociale e spirituale in Giappone, quasi sacrale.
Un cerimoniale ricco di ritualità che ha portato sino a noi non solo la storia di una cultura affascinantissima, ma anche ornamenti e decorazioni che si sono tramutati da complementi funzionali al rito a oggetti pratici di utilizzo quotidiano.
Puliti nel corpo e nella mente
La tsukubai – bacini d’acqua – è uno dei contributi dei maestri del tè al disegno del giardino giapponese. La tsukubai era volta a far sì che l’ospite che si accingesse a entrare nella sala da tè fosse pulito sia nel corpo che nella mente. A questo proposito, i maestri de tè allestivano un apposito giardino atto a rilassare lo spirito, mettendo a disposizione una brocca di acqua per lavare le mani. Ed è proprio questa brocca che nel tempo si è consolidata nella tsukubai, affermandosi via via in diverse forme.
Tradizionalmente, le tsukubai presentano un’altezza ridotta, compresa fra i 20 e i 30 centimetri. Parametri che, apparentemente, la possono far sembrare scomoda. E in effetti lo è, ma non per qualche sorta di errore di calcolo, bensì per una volontà ben precisa e deliberata: la scarsa altezza induce l’ospite in uno stato di subordinazione e umiltà incarnato nella necessità di doversi chinare durante il lavaggio (ed è proprio da qui che deriva la parola: tsukubai significa piegare o accovacciarsi). Ciò nonostante, non sono inusuali contenitori alti 50 o 60 centimetri, la cui parte superiore è posta al livello del suolo.
Tsukubai, il bacino di roccia naturale
I bacini utilizzati non sono nient’altro che rocce naturali: nella parte superiore viene effettuato un buco di diametro compreso fra i 12 e i 30 centimetri. La roccia viene poi collocata sul bordo di un bacino utile a raccogliere l’acqua traboccante dal lavaggio delle mani, mentre dinanzi viene sempre posizionata una pietra piatta che funge da pedana di sosta. A destra e a sinistra ci sono altre rocce, leggermente più piccole della principale, che si utilizzano per appoggiare oggetti vari o brocche di acqua calda per il lavaggio durante la stagione invernale.
Non è infrequente che, anziché rocce naturali, vengano utilizzate macine, pietre che reggevano cioè pilastri di fondazione o alberi e torri. Anche qui l’istanza non è casuale ma fa capo all’intenzione di avvalersi di oggetti artificiali e consunti per suscitare ricordi di vita ed evocazioni del passato, conferendo al giardino la condizione di custode del tempo. Generalmente questi manufatti, di forma bassa e regolare, assumono una posizione centrale, se necessario innalzati su una piattaforma. Se perfettamente rettangolari, possono essere smussati per attribuire un senso di naturale e accattivante imperfezione.
Le tsukubai nel vostro giardino
Naturalmente non è opportuno né possibile pretendere purificazione e umiltà dai propri ospiti, ma questo non significa che le tsukubai debbano essere prettamente decorative. Anzitutto, possono essere utili per una prima sciacquata dopo aver effettuato lavori di giardinaggio; l’acqua, inoltre, può essere spruzzata sull’erba per conferire un’aura di apparente freschezza. Se alla vostra tsukubai non è collegato un drenaggio, lo straripamento può diventare una sorta di ruscello, senza contare che lo stesso design, carico di interesse visivo, è in grado di suggerire un legame tra le fondamenta della casa, le rocce e gli altri elementi naturali – come l’acqua e la terra – presenti in giardino.
Un’altra soluzione per la tsukubai consiste nel mettere un mestolo in legno in cima al bacino, così da poter attingere all’acqua in ogni momento. Insomma, non ci sono regole precise e prefissate per la collocazione delle tsukubai: il loro posizionamento dipende in termini generali dalla disposizione del giardino e, soprattutto, dall’utilizzo che si intende fare del bacino d’acqua. Se l’intenzione è di farne una risorsa d’acqua, infatti, è meglio che le tsukubai siano rivolte verso una zona pianeggiante e con, sul retro, un muro di pietra, una recinzione di bamboo o una siepe. È buona norma separare le tsukubai da altre cascate o pozzi perché due elementi d’acqua a forte impatto competono per l’attenzione, rischiando di creare confusione. Infine, si può pensare di installare una lanterna di pietra per ottenere tanto un bilanciamento verticale quanto una fonte di illuminazione notturna.
Shishi odoshi
Nato dall’esigenza degli agricoltori di protezione dei raccolti da cervi e cinghiali, il shishi odoshi – letteralmente spaventare i cervi - è uno degli elementi tradizionali del Giappone, che negli anni si è trasformato da pratico in estetico. Si compone di una canna di bamboo basculante collegata, tramite un perno, a un paletto pure di bamboo ma fissato nel terreno. Un getto costante d’acqua riempie la parte mobile, che con il peso ruota verso il basso: l’acqua accumulata al suo interno viene invece scaricata su una roccia o raccolta in un contenitore; il bamboo, inoltre, sbattendo genera un forte suono cadenzato. Il flusso dell’acqua e il regolare movimento dello shishi odoshi sono dunque fonte di un contrappunto efficace all’immutabilità degli altri elementi del giardino e, come nella tradizione giapponese, scandiscono lo scorrere del tempo.