Immaginiamo di tuffarci in una piscina senza uscirne con gli occhi brucianti per il cloro. Anzi, in un bacino d’acqua privo non solo di prodotti chimici ma anche di pesanti strutture contenitive in cemento armato.
Impossibile, direte, un depuratore ci vuole e senza bordi e fondi non si può mettere l’acqua da nessuna parte. Invece no, perché se si fa il bagno in una biopiscina la depurazione si fa da sola grazie alle piante circostanti, e di materiale pesante, non naturale, ce n’è davvero pochissimo. Due motivi per i quali quando si parla di biopiscine (la versione con forma squadrata dei biolaghi) si parla di costruzioni a impatto ambientale zero: significa che non danneggiano in alcun modo il luogo dove vengono realizzate, anzi contribuiscono a promuoverne la biodiversità.
Ce lo spiega Giovanni Muccinelli, titolare di Umor Acqueo, una delle sei aziende partner del progetto Biolaghi e Giardini, esperto di agricoltura biodinamica e permacoltura, che vent’anni fa ha iniziato la sua attività dopo aver scoperto i biolaghi in Olanda. “All’inizio degli anni Duemila erano una novità assoluta, non esistevano ancora nell’immaginario degli addetti ai lavori – racconta Giovanni Muccinelli –. Poi man mano si è cominciato a diffondere il know how per costruirli anche qui, una volta che se ne sono conosciuti la bellezza e i vantaggi. Primo fra tutti, la completa sostenibilità ambientale”.
Partiamo dall’inizio. Quali sono i criteri per realizzare un biolago in modo tale che rispetti l’ambiente circostante?
Innanzitutto bisogna ricordarsi che ogni biolago è unico. È un abito sartoriale, che si cuce su misura e poi calza a pennello e resta per sempre. Prima di crearne uno bisogna rispondere ad alcune domande fondamentali: che utilizzo se ne vuole fare, per il bagno o per decorazione? Nel primo caso, quante persone lo useranno? Nel secondo, quali sono gli elementi desiderati? Dopodiché, si procede allo studio attento del luogo per capire per esempio quali alberi ci sono e da che parte tira il vento in modo tale da creare la zona di fitodepurazione dove ha la possibilità di raccogliere meglio lo sporco superficiale che vi viene trascinato. Molto importante poi è l’analisi delle acque, che ci permette di impostare il biolago in base alle caratteristiche presenti così da non dover fare cambiamenti strutturali in un secondo momento. In più, occorre fare un esame del terreno: se si vuole fare il biolago in zona collinare – ed è possibile – bisogna naturalmente assicurarsi che regga in quelle determinate circostanze. Tutto viene fatto comunque in modo tale da integrarsi nell’ambiente circostante e in base ai gusti del cliente, a cui proponiamo comunque sempre varie soluzioni per consentirgli di valutare anche possibilità inesplorate.
Uno dei principali punti di forza dei biolaghi è che sostanzialmente si puliscono da soli grazie a un sistema di fitodepurazione. Come funziona?
La fitodepurazione, in sostanza, riproduce il processo di autodepurazione che avviene naturalmente negli ambienti acquatici. Questo perché i sistemi di fitodepurazione progettati per i biolaghi e le biopiscine (balneabili o ornamentali) utilizzano le piante acquatiche come filtro biologico. Viene creata cioè una vera e propria coltivazione di piante, in una zona appositamente delimitata dove grazie all’azione combinata di materiale ghiaioso, substrato e flora acquatica si generano reazioni biologiche che purificano l’acqua.
Quindi non serve usare nessun agente chimico per l’igienizzazione?
No, non c’è alcuna necessità di usare filtri o sostanze come il cloro: il biolago si pulisce praticamente da solo. Attenzione però, questo non significa che non abbia bisogno di manutenzione. Funziona un po’ come un giardino, che va tagliato e irrigato. L’acqua resta sempre limpida grazie alla fitodepurazione, ma il fondo del lago raccoglie un po’ di sporco dai bagnanti e dai depositi della flora. Quindi ogni tanto va aspirato, a mano o con un piccolo robot. La frequenza dipende dalle abitudini e dalla volontà della singola persona. Questa è però la grande differenza con una piscina tradizionale, che senza depurazioni periodiche dei filtri finisce per avere un’acqua verdastra. In più, d’inverno va chiusa, per lo stesso motivo. Il biolago rimane invece sempre aperto, d’inverno l’acqua resta comunque limpida anche se non lo si tocca. E sana, perché non si versa dentro nessun agente chimico.
A proposito di acqua, un altro tratto di sostenibilità del biolago è che non c’è spreco, perché non si butta via mai quella messa all’inizio.
Esatto, l’unica cosa che capita all’acqua utilizzata per riempire originariamente il biolago è di evaporare per il caldo. Quindi a quel punto ne va aggiunta altra, ma senza svuotarlo mai proprio grazie alla fitodepurazione che la mantiene pulita.
In che senso la struttura del biolago non impatta sull’ambiente?
La struttura del biolago prevede un bassissimo, se non nullo, utilizzo di cemento armato e di altri materiali di costruzione pesanti. Al contrario di una piscina tradizionale, che viene realizzata con pannelli di acciaio o con blocchi di cemento armato da 20 cm, al biolago basta una struttura fatta con un mix di sabbia e cemento spessa 2 cm soltanto. E tutti i materiali sono recuperabili. Ma non finisce qui, perché il biolago permette di ridurre l’impatto ambientale di una piscina riconvertendola… in un biolago. Se dopo vent’anni una struttura diventa vecchia e i proprietari vogliono cambiarla, è possibile recuperare lo spazio e creare all’interno una biopiscina. In questo modo non vengono fatti altri lavori invasivi e viene ricreato un habitat naturale. Così le caratteristiche originali dei luoghi vengono preservate e, anzi, viene incentivata la ricchezza di specie animali e vegetali che li abitano.