Lo stagno è un punto d’acqua che si trova in natura e che, generalmente, non ha senso ricreare artificialmente, come invece avviene per i biolaghi balneabili, ornamentali, per piante acquatiche, per pesci, per gli specchi d’acqua a filtrazione naturale o per i giochi d’acqua.
In quanto naturale, va da sé, lo stagno non prevede espedienti di impermeabilizzazione e circuiti di acqua forzata, ma vive come organismo in grado di autoregolare le proprie funzioni biologiche in armonia (e in stretta dipendenza) con l’equilibrio idrogeologico del paesaggio.
La storia e il lavoro raccontati dagli stagni
Un tempo fulcro di molte attività dell’uomo – prime tra tutte l’irrigazione, l’agricoltura, la coltivazione di cereali e la lavorazione della canapa (i Maceri) – oggi gli stagni, in alcuni territori, vengono valorizzati e protetti come patrimonio ecologico e naturale.
Lo stagno per conservare l’ecosistema e ricreare la biodiversità
Uno stagno, infatti, è il fulcro di una biodiversità – in termini di ecosistema, flora e fauna – ricca e rigogliosa, anche se molto fragile in quanto legata all’equilibrio idrogeologico del territorio cui appartiene. Quest’ultimo, negli ultimi decenni, è spesso stato manomesso dall’uomo che è intervenuto sul corso di fiumi, ruscelli, rogge e sulle falde acquifere. Ecco perché oggi più che mai parlare di stagno ha senso in termini di recupero e tutela delle biodiversità e del patrimonio ambientale.